Business Analysis

Gig Economy e Competenze

Gig Economy

Che cosa è la Gig Economy

Il Cambridge Dictionary attribuisce al termine “Gig” i seguenti significati: “a single performance by a musician or group of musicians, especially playing modern or pop music” oppurea job, esp. one as a performer or one that lasts only a shorttime”. In sostanza, una prestazione unica, occasionale nel campo musicale.

Con “Gig Economy” invece, si intende “ a way of working that is based on people having temporary jobs or doing separate pieces of work, each paid separately, rather than working for an employer“. In pratica, la Gig Economy è la definizione del lavoro precario: persone che svolgono lavori temporanei, pagati per singola prestazione, ossia il “Popolo delle Partite IVA”.

Nella “gig economy, le aziende tendono ad assumere fornitori indipendenti e freelance a prestazione, anziché personale a tempo indeterminato. La gig economy stravolge il lavoro tradizionale a tempo pieno, dove le persone raramente cambiavano lavoro, rendendo tutti lavoratori occasionali anziché a tempo indeterminato.

Purtroppo, non è un fatto solo italiano, ma una nuova caratteristica del mondo del lavoro dove in prevalenza si trovano “lavoretti” con contratti a breve termine o lavori da freelance.

Sta diventando di uso comune il ricorso alla “gig economy” intesa come contratti a termine di lavoratori indipendenti, detta anche: “freelancer economy”, “agile workforce”, “sharing economy” o “independent workforce”.

Anche PMI (Project Management Institute) ha sentito il bisogno di parlare di “Gig Economy e Project Management” in un editoriale su PM Today di Luglio 2019, dal quale riprendo alcuni concetti:

  • Anziché lavorare a tempo pieno per una sola organizzazione, sempre più persone diventano consulenti indipendenti, riconoscendo il valore della libertà che offre questo nuovo paradigma.
  • Mentre i contratti di consulenza non sono una novità, le tecnologie stanno contribuendo ad estendere queste opportunità.
  • I progetti, per definizione sono temporanei “gig”. Quanto conviene abbracciare questo paradigma come project manager o anche solo come membro di un team di lavoro?

Il fenomeno, apparentemente vantaggioso, crea una certa ansietà, se non si hanno le spalle ben coperte. Il PMI suggerisce di creare quattro tipi di connessioni:

  1. Connessione al posto – un buon ambiente di lavoro con uno spazio in cui sentirsi instradato.
  2. Connessione alla routine – un rituale che ti consente di concentrarti sulla prestazione.
  3. Connessione allo scopo – obiettivo che motiva la tua dedizione al tipo di lavoro.
  4. Connessione alle persone – legame che ti consente di evitare l’isolamento e coltivare il tuo avanzamento di carriera.

Le industrie con “Conoscenza Intensiva” e le occupazioni creative sono i segmenti con la maggiore crescita per la Gig Economy.

Per le aziende, sta diventando sempre più attraente assoldare temporaneamente talenti per risolvere specifici problemi o perseguire goal di breve termine. Si risolvono problemi specifici, ricorrendo agli esperti del mercato.

Per contro, chi ha una professionalità consolidata non deve temere questa novità, se riesce a creare un portafoglio clienti consistente. Ad esempio, in un survey di UpWork del 2017, il 63% di freelance crede che con un portafoglio clienti diversificato, è più sicuro di un posto di lavoro fisso per un’unica azienda.

Questa è la lettura in positivo della precarizzazione del lavoro, trascurando quello che noi consideravamo crescita professionale con l’esperienza e il mentoring dell’esperto più anziano.

Le opportunità per i professionisti della gestione progetti continuano a crescere, secondo il PMI, prevedendo che nel 2027 almeno 88 milioni di individui avranno un ruolo orientato al Project Management o discipline affini (es. Business Analysis o Risk Management).

L’innovazione tecnologica, la “Digital Transtormation” costringe le imprese ad operare in continuo cambiamento e la corsa alle risorse con maggiore competenza dimostrabile si fa sempre più serrata.

Avvento della Gig Economy

La crisi dell’ultimo decennio ha contribuito spinger chi ha perso il precedente lavoro fisso ad entrare nella gig economy, inventandosi un lavoro indipendente. Purtroppo, non tutte le Start-Up sono diventate Linkedin, Amazon o Facebook per citarne alcune. Quindi, a volte, lavoro indipendente significa sbarcare onorevolmente il lunario, portando il pane alle proprie creature.

McKinsey ha scoperto che il 25% di popolazione Europea e USA, in ètà di lavoro, circa 162 milioni di persone, è coinvolta in qualche forma di lavoro indipendente, di cui almeno 72 milioni si occupano di project management.

In ProjectManagement.com sostengono che le organizzazioni devono adattarsi al “Gig World” attraendo le migliori persone capaci di catturare la conoscenza e pianificare la transizione, operando con consulenti indipendenti negli staff. In pratica l’attitudine al lavoro sta cambiando e non tutti sono entusiasti svolgere qualsiasi lavoro dipendente. La libertà di scegliere è uno dei fattori motivanti delle nuove generazioni, pertanto le aziende devono adattarsi.

Del resto, già tre aziende su quattro nel mondo utilizzano Project Manager freelance (2017 Arras People survey). Le organizzazioni che non hanno la tecnologia come competenza principale ricorrono, felicemente, ai freelance per guidare i progetti di “digital transformation”.

In definita, la “Gig Economy” è un vantaggio per i consulenti che aspirano all’indipendenza e per le aziende che necessitano di talenti per un singolo progetto o prestazione, senza assumere nessun impegno per i progetti futuri.

Un ricercatore della Brandeis University sostiene che la domanda di freelance in tutti i campi, non solo project management, sorpasserà la tradizionale domanda di lavoratori dipendenti entro il 2027. Bisogna solo aver cura di proporre le giuste leggi a protezione dei lavoratori più deboli, come ad esempio, la paga oraria minima garantita. Per quella massima non c’è nessun problema, il mercato distinguerà i veri talenti dai brocchi.

Mettersi in proprio con la Gig Economy

Project Manager indipendenti possono esserci in tutti i settori di industria e la natura del lavoro di project management consente di passare da un’industria ad un’altra (con le dovute cautele). I più forti si creano un’ottima reputazione tra i clienti e i colleghi per cui emergono e possono diventare mentòre o guida per molti giovani.

Per mettersi in proprio, bisogna anzitutto realizzare che con la Gig Economy il rischio passa dalle aziende al singolo consulente.

Per trarre vantaggio dalla gig economy bisogna sapersi vendere, fare marketing di sé stessi e avere un solido piano finanziario. Bisogna disporre di risorse finanziarie per sopravvivere almeno sei mesi, pagando le spese correnti, in assenza di lavoro da freelance.

Nel determinare la propria tariffa, senza andare fuori mercato, bisogna considerare molti aspetti personali: assistenza sanitaria, fondo pensione, tasse, etc.

La gig economy è attraente per tutte le generazioni e d è una svolta che non si può impedire, meglio cavalcarla. Non solo i millennials sembrano attratti da questo nuovo modo accedere al lavoro, ma anche gli over 50 per scelta o per necessità.

Ecco come chiude l’articolo di PM Today: “Ironically, as fast as we believe the pace of change is today, it will never be slower than it is right now. Our ability to continuously learn, shift and adapt will support our ability to succeed in the changing economies of the future.

Non bisogna temere la gig economy, ma neanche sottovalutarla. Presentarsi con un CV ricco di certificazioni riconosciute a livello internazionale può fare la differenza per un posto fisso, se ancora ce ne sono e per tentare la carta del lavoro autonomo.

Buona fortuna.

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