Platone: Owner di Progetto

Il Project Management è un raccolta di buone prassi messe a disposizione da chi ha maturato delle esperienze positive. Persino Platone nel definire i vari tipi di costituzioni, affronta il tema della proprietà del prodotto di un progetto, definendo: chi ha avuto un’idea, chi l’ha realizzata e chi poi l’ha rappresentata. 

La Repubblica di Platone

Sull’imitazione, dal capitolo 10 de “La Repubblica” di Platone.

” (Socrate a Glaucone) ….  «Prendiamo anche ora un oggetto qualsiasi tra i tanti. Ad esempio, se ti va bene, esistono molti letti e molti tavoli». «Come no?»

«Ma questi oggetti si possono raggruppare in due idee, quella di letto e quella di tavolo». « ».

«E non siamo anche soliti dire che l’artefice di ciascuno dei due oggetti guarda all’idea per fabbricare l’uno i letti, l’altro i tavoli di cui noi ci serviamo, e lo stesso vale per ogni altro oggetto? Nessun costruttore infatti realizza l’idea in sé: come potrebbe?» «Non potrebbe assolutamente».

«Ma bada bene a come chiami questo costruttore». «Quale?»

«Quello che fa tutto ciò che vien fatto da ogni singolo artigiano».  «Stai parlando di un uomo straordinario e mirabile!».

«Non ancora, ma presto la tua ammirazione per lui crescerà. Questo stesso artigiano non solo è capace di fabbricare ogni oggetto, ma fa anche spuntare tutte le piante dalla terra e crea tutti gli esseri viventi, compreso se stesso, e oltre a ciò crea la terra, il cielo, gli dèi e tutto quanto sta nel cielo e sottoterra nell’Ade». «Il tuo è un sofista davvero prodigioso!», esclamò.

«Non ci credi?», dissi. «Rispondimi: ti pare che un simile artefice non esista in assoluto, o credi che in date condizioni qualcuno possa creare tutte queste cose? Non ti rendi conto che tu stesso in certo qual modo potresti essere in grado di creare tutto questo?» «E qual è questo modo?», domandò.

«Non è difficile», risposi: «si tratta di una realizzazione frequente e veloce, anzi velocissima, se vuoi prendere uno specchio e girarlo in ogni direzione; rapidamente creerai il sole e i corpi celesti, la terra, te stesso e gli altri esseri viventi, gli oggetti, le piante e tutto ciò che abbiamo menzionato poco fa». « », disse, «apparenze, non dotate però di una realtà effettiva».

«Bene», ripresi, «la tua riflessione giunge a proposito. Perché anche il pittore, credo, fa parte di questi artefici. Non è vero?» «Come no?»

«Ma forse tu dirai che le sue creazioni non sono vere. Eppure in certo qual modo anche il pittore crea un letto. O no?» « », rispose, «anche lui solo in apparenza».

«E il costruttore di letti? Non hai appena detto che non realizza l’idea, ovvero ciò che noi abbiamo definito l’essenza di un letto, ma un letto qualsiasi?» «Sì , l’ho detto».

«Ma se non realizza l’essenza, non potrà creare la realtà, bensì solo qualcosa che assomiglia alla realtà, ma non la è; e chi dicesse che l’opera del costruttore di letti o di un altro artigiano è compiutamente reale non correrebbe il rischio di non dire il vero?» «Sicuro», rispose, «o almeno così sembrerebbe a chi si occupa di questioni simili».

«Quindi non meravigliamoci se anche quest’opera viene ad essere un po’ debole in rapporto alla verità». «No di certo».

«Vuoi allora», domandai, «che proprio sulla base di questi elementi cerchiamo di scoprire chi mai sia il nostro imitatore?» «Se vuoi…», rispose.

«Ci sono, dunque, queste tre specie di letti:

  1. una è quella che esiste in natura, e che a mio parere possiamo definire opera di un dio. O di chi altri?» «Di nessuno, credo».
  2. «La seconda è quella costruita dal falegname». « », disse.
  3. «La terza è l’opera del pittore. O no?» «Va bene».

«Il pittore, il costruttore di letti, il dio: ecco i tre autori delle tre specie di letti». «Sì , sono tre».

  • «Il dio, sia che non volesse, sia che per una qualche necessità non potesse creare in natura più di un solo letto, ne realizzò dunque un unico esemplare, quello che è il letto in sé; due o più come quello non furono creati dal dio né mai lo saranno». «E perché?», chiese.«Perché», spiegai, «se ne avesse creati anche solo due, ne apparirebbe a sua volta un terzo, di cui essi avrebbero entrambi l’idea, e quello sarebbe il letto in sé, non gli altri due». «Giusto», disse.«Ben conscio di questo, penso, il dio, volendo essere il reale creatore di un letto reale, non un costruttore qualsiasi di un letto qualsiasi, lo creò per natura unico». «Così pare».«Vuoi dunque che lo chiamiamo naturale creatore di questo oggetto, o con un termine simile?» «è giusto», rispose, «perché ha creato questa e ogni altra cosa secondo natura».
  • «E il falegname? Non lo chiameremo artefice del letto?» « ».
  • «E non chiameremo anche il pittore artefice e creatore di quest’oggetto?» «Nient’affatto!».«Ma allora quale rapporto avrà, secondo te, con il letto?» «Mi sembra», rispose, «che la definizione più appropriata sia questa: imitatore dell’oggetto di cui gli altri due sono artefici».

«Bene», dissi. «Quindi tu chiami imitatore chi fa parte della terza generazione a partire dalla natura?» «Precisamente», rispose.

«Di conseguenza anche il poeta tragico, in quanto imitatore, verrà per terzo dopo il re e la verità, come tutti gli altri imitatori». «è probabile». «Sull’imitatore siamo dunque d’accordo.

Ma ora dimmi una cosa a proposito del pittore, e cioè se ti sembra che egli tenti di imitare ogni singola realtà esistente in natura oppure i prodotti degli artigiani». «I prodotti degli artigiani», rispose.

«Come sono realmente o come appaiono? Definisci ancora questo punto». «Che cosa intendi dire?», domandò.

«Questo: un letto, a seconda che lo si guardi di lato o di fronte o in qualunque altro modo, è forse diverso da se stesso oppure appare diverso, ma non lo è affatto? La stessa cosa non vale anche per gli altri oggetti?» «è così », rispose: «appare diverso, ma non lo è».

«Ora fa’ questa considerazione: qual è lo scopo della pittura verso ogni singolo oggetto? Imitarlo com’è in realtà o come appare? Insomma, è imitazione dell’apparenza o della verità?»  Dell’apparenza», rispose.

«Quindi l’arte dell’imitazione è lontana dal vero, e a quanto pare realizza ogni cosa perché coglie una piccola parte, che per di più è una parvenza, di ogni singolo oggetto.

Ad esempio noi affermiamo che il pittore ci dipingerà un calzolaio, un falegname, gli altri artigiani, senza avere alcuna competenza di queste arti; tuttavia, se fosse un buon pittore, dipingendo un falegname e mostrandolo da lontano riuscirebbe a ingannare fanciulli e uomini sciocchi, perché lo farebbe sembrare un vero falegname». «Certamente».

«Ma io, caro amico, penso che in casi del genere si debba ragionare così : quando uno ci annuncia di essersi imbattuto in un uomo che è esperto in tutti i mestieri e in tutte le altre discipline di competenza dei singoli specialisti e conosce ogni cosa più a fondo di chiunque altro, bisogna rispondergli che è un sempliciotto e probabilmente si è imbattuto in un imitatore ciarlatano che lo ha ingannato a tal punto da apparirgli onnisciente, ma solo perché lui è incapace di distinguere la scienza, l’ignoranza e l’imitazione». «Verissimo», disse.

«Ora», proseguii, «bisogna esaminare la tragedia e il suo caposcuola Omero, dal momento che sentiamo dire da alcuni che i poeti tragici conoscono tutte le arti, tutte le cose umane attinenti alla virtù e al vizio e persino le cose divine; secondo loro infatti il buon poeta, se vuole rappresentare bene i temi che intende trattare, deve conoscere ciò che rappresenta, altrimenti è incapace di creare. Bisogna dunque esaminare se costoro, imbattutisi negli imitatori cui facevo riferimento prima, si sono lasciati ingannare e quando guardano le loro opere non si accorgono che esse sono tre volte distanti dalla realtà e si possono eseguire facilmente anche senza conoscere la verità, poiché si tratta di apparenze, non di cose reali, o se invece dicono qualcosa di sensato e i buoni poeti hanno una reale conoscenza di ciò in cui il volgo li giudica esperti». «Proprio questa dev’essere la nostra indagine», assentì .

«Credi dunque che se qualcuno potesse creare entrambe le cose, l’oggetto da imitare e la sua parvenza, si applicherebbe sul serio alla fabbricazione di parvenze e ne farebbe lo scopo della propria vita, convinto che sia il meglio?» «Io no di certo».

«Ma se fosse davvero esperto di ciò che imita, penso che si preoccuperebbe delle opere molto prima che delle imitazioni, cercherebbe di lasciare come ricordo di sé molte belle azioni e preferirebbe essere l’oggetto dell’encomio piuttosto che l’autore». «Penso di sì », disse, «perché l’onore e il vantaggio che se ne trae non sono pari».

«Ora non pretendiamo che Omero o a qualsiasi altro poeta ci dia ragione degli altri punti, domandando se qualcuno di loro sia stato medico e non solamente imitatore di discorsi medici, quali malati un poeta antico o moderno abbia fama, come Asclepio, di avere guarito, o quali discepoli della medicina abbia lasciato, come fece Asclepio con i suoi discendenti; e non interroghiamoli neppure sulle altre arti, anzi lasciamo perdere.

Ma sugli argomenti più importanti e più belli trattati da Omero, cioè la guerra, il comando dell’esercito, l’amministrazione delle città e l’educazione dell’uomo, è giusto chiedergli informazioni e interrogarlo così :

Caro Omero, se è vero che non sei terzo in distanza dalla verità quanto a virtù, ovvero non sei artefice di parvenza secondo la nostra definizione di imitatore, ma vieni almeno al secondo posto e sei stato capace di conoscere quali attività rendono migliori o peggiori gli uomini nella vita privata e pubblica, puoi dirci quale città è stata amministrata meglio grazie a te, come Sparta grazie a Licurgo e molte altre, grandi e piccole, grazie a molti altri? Quale città rivendica il fatto che tu sei stato un buon legislatore e le hai giovato? L’Italia e la Sicilia rivendicano Caronda, noi Solone: ma chi rivendica te? Sei in grado di indicare qualcuno?”»

«Non credo», rispose Glaucone.

«Neppure gli stessi Omeridi ne parlano». «Ma si ricorda una guerra ai tempi di Omero che sia stata ben combattuta sotto il suo comando o grazie ai suoi consigli?» «Nessuna».

Molto interessante, il pensiero di un filosofo come Platone.

A me ricorda soltanto il detto: “chi sa fa, chi non sa insegna!

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