Data Analytics

Data Analytics e COVID-19

Perché c’è tanta confusione nell’informazione circa la reale situazione della pandemia COVID-19 in Italia?

Mercato delle Vacche

A proposito di COVID 19, in questi giorni (Nov. 2020), molti sedicenti esperti cercano di spiegarci il modello decisionale per decidere zone rosse, arancioni, gialle, senza mai dire quali sono i famigerati 21 parametri utilizzati.

COVID-19

Anche scoprendo quali sono i parametri considerati, noi cittadini comuni avremmo bisogno di conoscere i pesi attribuiti ad ogni parametro per comprendere il calcolo effettuato per determinare l’attuale risultato mostrato nella seguente immagine.

Pericolo COVID in Italia

Ovviamente a monte c’è la verifica della consistenza dei dati.

Vale sempre il detto: “Garbage in, Garbage out“. Se poi qualche regione volutamente ha dimenticato di segnalare qualche dato giornaliero,  è evidente che le conclusioni del calcolo possono essere fuorvianti.

Questo rischio esiste, ma va analizzato e mitigato a priori, senza il bisogno di ventilarlo a risultati pubblicati.

Certe affermazioni giornalistiche fanno veramente sorridere.

Eccone una divertente, se non tragica: “L’elenco dei 21 indicatori per il controllo del rischio prevede il monitoraggio di nove parametri tra cui il numero di nuovi focolai, il numero di accessi al pronto soccorso per corona virus, il tasso di occupazione dei posti letto in terapia intensiva.” (fonte). Più avanti, lo stesso articolo elenca i 21 parametri.

Questa affermazione, esposta al pubblico, ricorda immediatamente la barzelletta sui Re di Roma: “Pierino, quanti erano i Re di Roma?”, risposta di Pierino. “I sette Re di Roma erano quattro, cioè Romolo e Remo!

Analisi Dati

L’analisi dei dati è una cosa un po’ più seria e non è affatto il caso di cincischiare per fare colpo su una popolazione abbondantemente  già terrorizzata dalla continua ripetizione di dati giornalieri.

Alla fine  le cose non vere, se ripetute fino alla nausea, finiscono per diventare vere nella mente di molte persone.

Il problema non sono i dati, ma il modo in cui vengono manipolati per sostenere questa o quella tesi.

Il processo potrebbe essere veramente molto semplice, senza stare, ogni giorno, ad inventare la ruota. I passi essenziali sarebbero:

  1. Comprendere quali dati raccogliere, imponendo un formato unico per evitare discussioni successive.
  2. Raccogliere i dati giornalieri con un sistema ad albero (es. ospedali, comuni, regioni, ministero).
  3. Analizzare la correttezza formale dei dati raccolti.
  4. Analizzare il contenuto dei dati in base a pesi prestabiliti.
  5. Presentare i risultati (non ai telegiornali, ma in apposite bacheche pubbliche).

Questo processo banale, pur non fornendo una soluzione,  mette a disposizione lo stato oggettivo in cui siamo.

Non c’è bisogno di vomitarci addosso numeri su numeri, se solo i grandi esperti conoscessero la differenza tra PUSH e PULL.

  • Push significa inviare un’informazione ad una popolazione, costringendola a subirla, per influenzarlo in qualche modo.
  • Pull,  significa esporre un’informazione, lasciando libera una popolazione di consultarla quando e come vuole.

Ci siamo, improvvisamente dimenticati degli “Albi Pretori“, sostituendoli con twitter, facebook e apparizioni televisive.

La strada più sbagliata

Diffondendo dati, senza prima spiegare come sono stati  strutturati e come utilizzarli, si abbrevia, ma si finisce con il dare i numeri. Esattamente quello che fanno, ogni giorno i mass media, ripetendo, fino alla noia, il numero di contagiati, morti e ospedalizzati. Mentre, in realtà, avremmo bisogno di conoscere cosa si sta facendo concretamente, e non  quello che pensa del COVID questo o quell’esperto di passaggio.

L’analisi  dati è il vero problema, non il numero di parametri, la trasformazione dei dati o il modello matematico  utilizzato.

Molti esperti lo chiamano addirittura “algoritmo“.

Anziché andare in televisione a beccarsi tra esperti come galline, sarebbe preferibile porsi le giuste domande, divulgarne il significato e poi parlare di andamento giornaliero, settimanale, mensile del virus. Questo sarebbe un vero servizio pubblico, anziché le tante sceneggiate di prime donne in cerca di notorietà.

Per produrre informazioni che diano valore ad una popolazione in crisi, occorrerebbe una strategia che tenga conto delle esigenze della gente e non della popolarità degli speaker.

Quindi prima di parlare a vanvera, andrebbe compreso il contesto, gli interlocutori (stakeholder) e l’effetto che può produrre una informazione ufficiale sulla popolazione.

Ma siamo proprio sicuri che questo continuo martellamento sulle menti dei cittadini  produca un effetto positivo?

Anziché, “parlare a nuora, perché suocera intenda“, sarebbe ora di dimostrare quanto c’è di scientifico in quello che si va raccontando, impedendo ai ciarlatani di invadere le case degli italiani.

Dovremmo imparare a pensare, prima di dire sciocchezze per dimostrare che altri dicono sciocchezze. Vincere la gara della “sciocchezza più grossa” non deve essere edificante.

Conclusioni errate

La moltitudine di dati e le tante opinioni sulla base di considerazioni sommarie, non fanno altro che confondere l’opinione pubblica (gli stakeholder), deprimendo quel poco di morale che è rimasto.

Mostrare un grafico in TV, per quanto semplice possa essere, si corre sempre il rischio di essere mal interpretato. I dati vanno  tradotti in “informazioni” con relative osservazioni.

Solo spiegando  le informazioni consolidate, magari in un grafico, si fa informazione.

Le osservazioni sulle informazioni devono contenere la spiegazione dei dati e non l’opinione di chi le presenta. Se connettiamo le osservazioni al modo di lavorare, forse riusciamo a creare conoscenza e quindi tranquillità in chi ci ascolta.

La cosa giusta da fare

L’analisi dei dati dovrebbe preoccuparsi prima dell’effetto sulle persone e poi dei dati che si diffondono. E’ inutile parlare delle reazioni delle persone, se l’informazione fornita è ipotetica in quanto gli stessi diffusori dubitano della qualità dei dati che  dovrebbero determinarla.

Per effettuare delle serie  analisi dei dati, bisogna avere la giusta competenza, esattamente come fa un medico per emettere una diagnosi. Non tutti dovrebbero  parlare di dati sensibili e emettere giudizi gratuiti sul comportamento di un’intera nazione.

Per emettere un giudizio bisogna prima studiare il fenomeno, confrontarsi e poi  esprimersi in modo univoco e con chiarezza.

Bisogna analizzare i dati con qualsiasi tecnica, purché razionale, comprendendo l’effetto dei risultati ottenuti e in fine diffonderli. In sostanza, non bisogna far circolare illazioni per scoprire come reagirebbe una popolazione, per poi uscire con la soluzione ufficiale  più comoda. Esempio: Chiudere o Non chiudere, questo è il problema!

Data Analytics

Il mio obiettivo

A modo mio, ho raccontato cosa penso di quello che accade intorno a me e credo anche intorno a voi tutti. Beato chi riesce a non accorgersi del pasticcio in cui ci stiamo cacciando.

PROMO

La Business Data Analytics è un’area specialistica di studi che comprende aspetti di Business Analysis (cosa fare, a fronte di un problema o  di una nuova esigenza) e le discipline di Analisi Dati (trasformazione dei dati in informazioni utili per prendere decisioni).

La Business Data Analytics permette di ottenere risultati migliori sulla scorta di evidenze oggettive e non di intuizioni soggettive anche di affermati consulenti. Questo è l’unico modo per prendere decisioni informate, altrimenti c’è sempre lo zampino di un politico o di questa o quella testata giornalistica che fa capo a qualche schieramento politico.

I concetti di business analysis e di analitycs sono fondamentali per generare valore per un’impresa o una nazione che lotta con una pandemia.Per apprendere correttamente i concetti fondamentali dell’analisi dei dati  proponiamo il corso:

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Per qualsiasi chiarimento Vito Madaio di PMTSI è sempre a vostra disposizione. Modulo di contatto.

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