Accordo delle Intelligenze
Vi propongo una pagina dal capolavoro di Emilio Lussu “Un Anno sull’Altipiano“. Oggi parliamo di Governance, di Integrazione Processi, di Guerre Intelligenti. Non è tutto oro quello che luccica, e anche un generale può scambiare una “latrina da campo” per una “appostazione di mitragliatrice”.
Lascio a voi lettori, scoprire le somiglianze con il Project e Program Management e l’esercizio della “governance” dell’alto management nelle attuali organizzazioni imprenditoriali.
Da “Un Anno sull’Altipiano” di Emilio Lussu
Estate 1916 in trincea contro gli austriaci sull’Altipiano di Asiago … prima della disfatta di Caporetto.
” …… Il generale Leone, promosso a un comando superiore, lasciò la divisione. Noi lo festeggiammo per una settimana. Il suo successore, generale Piccolomini, arrivò quando la brigata era in linea. Egli volle subito presentarsi alle sue truppe e visitare le trincee.”
“…….. Probabilmente veniva da una direzione di scuola militare, perché aveva uno spirito pedagogico, portato al teorico. Mi attendevo domande sui miei soldati, sui veterani, sul morale dei reparti, sulle trincee, sul nemico. Con un fare da esaminatore mi disse:
– vediamo un po’, tenente. Sentiamo come lei definirebbe la vittoria. Intendo dire la nostra vittoria, la vittoria militare.
Simile domanda mi cadeva imprevista. Abbozzai un sorriso d’intelligenza, un sorriso particolare a tutti quelli che, non avendo capito niente, ma trovando inopportuno dire , sorridendo, vogliono far capire al loro interlocutore che hanno capito, ma in odo così discreto che è come se non avesse capito.
Il generale ripeté:
– L vittoria. Mi spiego o non mi spiego? Ni combattiamo per vincere o per perdere? Evidentemente, per vincere.
– Naturalmente.
– Ebbene, l’azione del vincere è la vittoria. Io desidero che lei mi definisse questa vittoria.
Ora avevo capito, anche troppo. E pensavo, non dico con nostalgia, ma con minore terrore, al generale Leone che, negli ultimi tempi, non s’era più fatto vedere e sembrava rinsavito.
Il generale insisteva: dovetti decidermi a rispondere:
– Non saprei, signor generale. Il giureconsulto Paolo afferma … afferma… che tutte le definizioni sono pericolose -. E, senza orgoglio, anzi con una certa qual timidezza, osai appoggiare la citazione con una frase latina, una delle rare che i fossero rimaste dei miei studi giuridici.
Di fronte alla frase latina, il generale rimase un po’ perplesso. Non se l’attendeva. Egli mi aveva sorpreso con la vittoria, ma anch’io l’avevo sorpreso on Paolo. Per rifarsi parlò decisamente.
– Io non sono un prete e non sono stato mai in seminario. Perciò non conosco il latino.
Mi parve prudente tacere.
– Lasciamo stare San Paolo. E la vittoria? La vittoria? – insisteva il generale.
Egli constatò con soddisfazione, che io non ero in grado di pronunziarmi, e volle egli stesso venirmi in aiuto. Definì la vittoria con parole, probabilmente tolte da un trattato militare che ora io non ricordo, in cui entrava uno . era tempestivamente lanciato, nella seconda era tempestivamente frenato.
Io pensavo: speriamo che, nella pratica, egli sia migliore del generale Leone. Il generale mi tolse alle mie riflessioni: – scommetto che in tutto il suo battaglione, non v’è un solo ufficiale che conosca questa definizione capitale.
Io pensai: lo spero bene. Ma dissi: – E’ probabile, signor generale.
…… (visita alle trincee con epilogo divertente, ma molto amaro) …..
Giorni dopo, egli volle che il comandante di brigata gli presentasse gli ufficiali dei due reggimenti. Al rapporto furono presenti tutti i comandanti di compagnia e gli altri ufficiali, liberi dal servizio. Egli volle conoscerci tutti e profittò dell’occasione per una conferenza all’aperto.
La riunione aveva luogo nel settore del battaglione di riserva della brigata. L’ordine del giorno della divisione aveva annunciato il tema della conferenza: .
La giornata era magnifica. L’Altipiano (di Asiago) non ne vide di più luminose.
Dopo alcune frasi per salutare gli ufficiali e la brigata il generale passò al tema. L’espressione ricorreva frequentemente. Accordo fra l’intelligenza del capo e quella dei suoi subordinati; accordo dell’intelligenza della fanteria con quella dell’artiglieria; accordo dell’intelligenza degli ufficiali e quella dei soldati, ecc., ecc. Il generale impiegava molte definizioni. Egli le conosceva a memoria. Io risentii ancora una volta, quella della vittoria con relativa manovra dei nervi. Ma l’intelligenza costituiva il centro del discorso. Il generale s’abbandonava all’improvvisazione:
– Un’intelligenza limpida, solare, come la luce di questa giornata radiosa, in cui gli atomi infiniti danzano in divino accordo, così come io vorrei danzassero gli ufficiali della mia divisione, nei giorni di battaglia.
Il discorso, spesso, diveniva rapido. Il generale non aveva appunti scritti e parlava a braccio.
– Un’intelligenza per la quale è sufficiente una minuscola chiave per aprire una grande porta; una parola per afferrare il significato d’un ordine, un’intuizione per comprendere, subito, di primo acchito, un fatto sconosciuto.
Per esempio …
Il generale s’era arrestato. Egli aveva visto uno scavo semicircolare, fresco, che coronava un cocuzzolo, mascherato di frasche, lontano da noi un centinaio di metri, lungo una delle linee di resistenza del settore.
– Per esempio – Che è quello scavo? E’ necessario averlo costruito per sapere cosa sia? No, o signori, non è necessario. Non occorre chiederlo. Basta vederlo. Si presenta da sé. Si intuisce. Che cos’è? E’ un’appostazione di mitragliatrice.
Il generale si muoveva come un prestidigitatore che, fatta uscire una colomba da una rosa, attenda, dagli spettatori la maraviglia e gli applausi.
L’aiutante maggiore del 2° battaglione, il professore di greco, era troppo scrupoloso per lasciar passare, senza un’osservazione, quella che era un’inesattezza. Il suo battaglione era riserva di brigata ed egli conosceva bene il suo settore. L’esattezza innanzi tutto.
– Permette, signor generale?
– Dica pure, – rispose il generale.
– Per la verità, signor generale, per la verità, non è una appostazione di mitragliatrice.
– E che cos’è?
Una latrina da campo.
Fu un brutto momento per tutti. Il generale tossì. Anche qualcuno di noi tossì. La conferenza era finita.”
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